Proposta di legge sulla piccola agricoltura


Norme a favore dell’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare e orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta.

PREMESSA
Considerando:

a. le ragioni di dignità, uguaglianza e diritto al lavoro previsti dai primi articoli del dettato costituzionale (artt. 1-4), e, in tale luce, il ruolo primario del lavoro contadino;

b. che è specifico compito dello Stato rimuovere tutti gli ostacoli che impediscano la realizzazione di quanto previsto e promesso in tale dettato;

c. che l’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare, prevalentemente orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta, è un’agricoltura di basso o nessun impatto ambientale, fondata su una scelta di vita legata a valori di benessere o ecologia o giustizia o solidarietà;

d. che il vertice di Lussemburgo dei Capi di Stato e di Governo del 1997 aveva già riconosciuto che l’agricoltura europea è caratterizzata dalla piccola dimensione delle aziende, dal carattere familiare della conduzione e della forza lavoro, dalla diffusione della pluriattività aziendale ed extraaziendale;

e. che 1,3 milioni di aziende ha una superficie aziendale inferiore ai 5 ettari e che, di conseguenza, l’agricoltura italiana è ancora ampiamente caratterizzata da aziende di piccole dimensioni che usano esclusivamente il lavoro familiare e che sono soggette a una costante riduzione nel numero e in termini di SAU, malgrado appartenga loro dare
il maggior contributo al valore complessivo della produzione agricola nazionale;

f. che il lavoro contadino riveste un’importanza straordinaria e non sostituibile per sostenere e promuovere

– la sovranità alimentare delle comunità locali e, più in generale, della nazione e la qualità e salubrità dei prodotti agricoli;
– il mantenimento economico, culturale e residenziale delle comunità locali, prevalentemente nelle aree montane e in quelle considerate economicamente marginali;

– la conservazione e la rigenerazione delle risorse ambientali, nonché della fertilità dei terreni, della diversità dei paesaggi, della salubrità delle acque interne, della biodiversità in ambito agricolo, dei saperi, delle tecniche e dei
prodotti tipici di qualità;

– la difesa del suolo, l’equilibrio idrogeologico, le azioni di contrasto contro l’erosione e le inondazioni;

g. che, per tali ragioni, gli effetti del lavoro contadino non sono riconducibili a quelli dell’agricoltura imprenditoriale e, ancora di più, a quelli dell’agricoltura industriale, dove ogni aspetto di carattere etico, ecologico e conviviale è subordinato a ragioni di produttività – spesso con elevati indici di consumo idrico – e profitto, indipendenti da
effetti e ricadute su comunità, ambiente, salubrità delle produzioni e qualità del lavoro;

h. che tali ragioni sono state affermate e ribadite nella corrente legislazione internazionale e comunitaria [Comitato Sicurezza Alimentare FAO – Roma, 2008, 2009] e nelle dichiarazioni, pronunciamenti e accordi in materia di sicurezza alimentare, diritti delle popolazioni indigene, salvaguardia ambientale, difesa del suolo e
della biodiversità [Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogeniche per l’Alimentazione e l’Agricoltura, artt. 6, 9].

Riconoscendo

l’importanza per la collettività di tali valori espressi attraverso il lavoro contadino e insieme a ciò, quanto l’attività dei piccoli agricoltori, soprattutto di quelli residenti in montagna e nelle aree economicamente marginali, sia soggetta a condizioni più difficoltose di vita e di produzione ed alla concorrenza sleale di aziende agricole che ricevono
tutto il supporto necessario dalle attuali politiche pubbliche; d’altra parte, che il lavoro contadino rischia di scomparire sotto il peso delle documentazioni imposte per lavorare e di regole tributarie, sanitarie e igieniche gravose e ingiustificate per le sue dimensioni produttive.

Sono stabilite le seguenti norme a favore dell’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e
sull’economia familiare e orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta.

Capo I – APPLICAZIONE

Art. 1 – AMBITO

La presente legge si applica a chi, come occupazione prevalente, pratica la coltivazione del fondo, l’allevamento o la raccolta di erbe e frutti spontanei, esclusivamente per l’autoconsumo familiare e per la vendita diretta e senza intermediazione ai consumatori e, in ambito locale, agli esercenti di vendita al dettaglio e ristorazione, e che non abbiano dipendenti, salvo eventuali avventizi impiegati in attività di raccolta, purché il reddito complessivo lordo prodotto dalla vendita diretta e dalle attività di ospitalità rurale non sia superiore a 30.000 euro indicizzati e al netto dei contributi previdenziali. I coltivatori che rientrano nella definizione del comma precedente:

a. hanno un regime normativo separato rispetto a quanto previsto per i coltivatori diretti nel D.L. 228/2001 e
successive modifiche e integrazioni, secondo quanto descritto nei successivi articoli;

b. sono registrati, attraverso comunicazione al Sindaco, in uno specifico Albo presso il Comune di residenza e possono attestarsi con autocertificazione, vera fino a prova di falso penalmente perseguibile, ove questo costituisca reato.

Art. 2 – DEFINIZIONI

Ai fini dell’applicazione della presente legge, s’intende per:

Prodotti alimentari”,le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate all’alimentazione umana, realizzate con materie prime prodotte esclusivamente sul fondo o attraverso la raccolta spontanea fatta in ambito locale.

Venditadiretta”, quella esercitata nel fondo di produzione, nei locali in esso inclusi, presso la propria abitazione, sul mercato contadino o mediante consegna a domicilio del consumatore; è altresì considerata vendita diretta al pubblico la fornitura dei propri prodotti agricoli agli utilizzatori nonché ad alberghi, ristoranti, altri esercizi ricettivi, esercizi pubblici, mense ed esercizi analoghi;

Consumatore”,chi acquista merce per il proprio consumo personale e familiare;

Ambito locale”,quello della provincia del comune dove è situato il fondo e, per i comuni adiacenti al confine provinciale, la provincia contermine.

Capo II – AGEVOLAZIONI ED ESENZIONI

Art. 3 –

PRODUZIONE, TRASFORMAZIONE, VENDITA
I coltivatori, come definiti dall’art. 1, possono:

a. trasformare e confezionare i propri prodotti alimentari e agricoli nell’abitazione o in locali annessi, attraverso le attrezzature e gli utensili usati nella consueta gestione domestica, purché spazi, attrezzature e utensili siano mantenuti adeguati e puliti secondo buon senso e responsabilità e purché dotati dei normali requisiti di abitabilità.
Tali locali possono essere utilizzati per preparazioni diverse purché non contemporanee;

b. vendere i propri prodotti agricoli, comprese le sementi, i materiali di riproduzioni e i riproduttori animali riprodotti in azienda, i propri prodotti alimentari e di artigianato manuale, nei limiti previsti dal precedente art. 1 e con i soli obblighi previsti dal successivo art. 4.

I coltivatori, come definiti dall’art. 1, per i propri prodotti alimentari, sono:

a. esonerati dall’applicazione del sistema HACCP;

b. esonerati dagli obblighi vigenti sull’etichettatura dei prodotti aziendali, purché siano chiaramente ed esplicitamente indicati il produttore, l’indirizzo del luogo di produzione, gli ingredienti, la data di confezione e di scadenza e sia indicata la dicitura “prodotto di agricoltura contadina”.

Art. 4 – FISCALITA’
I coltivatori, come definiti dall’art. 1, sono:

esonerati dal regime IVA, dalla tenuta dei registri contabili, dall’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio, da ogni imposta o tassa relativa all’attività agricola, alla propria abitazione rurale, al fondo, comprese quelle di registrazione e proprietà relative all’acquisto di terreni confinanti con i propri e confinanti tra loro fino ad un
massimo di tre ettari; tenuti al solo rilascio di ricevute semplificate di vendita e alla loro conservazione per tre anni.

Art. 5 – NORME ATTINENTI ALL’ALLEVAMENTO

I coltivatori, come definiti dall’art. 1, possono:

a. macellare direttamente, nel proprio fondo e con il metodo più incruento per loro possibile il bestiame nato e allevato in azienda, limitatamente ad un numero di capi proporzionati ai membri della famiglia e ai propri ospiti e comunque non  superiore a un numero annuale di:

suini: 10

bovini: 5

ovini e caprini adulti: 50; nati entro i 45 giorni: 100

avicoli e cunicoli: 250

seppellire i resti degli animali abbattuti in azienda secondo le consuetudini locali, fatti salvi gravi motivi sanitari documentati da specifiche e puntuali disposizioni sanitarie o dalla non idoneità dei terreni, quando non sia organizzato un servizio pubblico di ritiro dei resti non oneroso per i coltivatori come precedentemente definiti.

Letame e resti di lavorazione del latte prodotto dal bestiame indicato nella precedente lettera a., non sono considerati
rifiuti speciali. Non sono, altresì, da considerarsi rifiuti speciali le lane della tosa del gregge proporzionato al pascolo estensivo, secondo le vigenti disposizioni per il benessere animale.

Art. 6. – OSPITALITA’ RURALE

I coltivatori, come definiti dall’art. 1, possono svolgere le attività agrituristiche indicate nella L. 20/2/2006 n.96.

L’ospitalità rurale, può essere esercitata fino ad un massimo di dieci coperti e cinque posti letto, senza necessità di autorizzazioni e senza essere soggetta a regole fiscali e sanitarie relative alle norme che regolano le attività di
agriturismo.  Potranno pernottare più di cinque perone soltanto nei casi dove l’alloggio possa essere esercitato secondo il metodo del giaciglio sulla paglia, “Schlafen im Stroh”, già in uso nelle regioni alpine di Francia e Svizzera.

Art. 7 – URBANISTICA

I coltivatori, come definiti dall’art. 1, sono esonerati da vincoli progettuali e urbanistici per:

a. la costruzione sul fondo di stalle, fienili, serre ed altri annessi destinati esclusivamente alla propria occupazione prevalente, purché con misure minime adeguate all’indirizzo produttivo dell’azienda, realizzati con un piano fuori
terra, secondo tipologie bene inserite nel contesto ambientale, con strutture solo rimovibili e senza possibilità di cambio di destinazione d’uso;

b. la ricostruzione di manufatti preesistenti in terra, in legno, o in pietra a secco.
Ogni eventuale cessione aziendale e del fondo, se non avviene a favore di altri coltivatori, come definiti dall’art. 1,
comporta l’obbligo di rimozione, anche forzosa, degli annessi indicati nella precedente lettera a.

Art. 8 – LAVORO

Il lavoro prestato gratuitamente e in forma saltuaria o come scambio di opere a favore dei coltivatori, come definiti dall’art. 1, è assimilato al volontariato e, salvo l’uso di scale o di macchine e attrezzature elettriche o a motore, non è assoggettato a obblighi contributivi e previdenziali.

Art. 9 – PREVIDENZA E SERVIZI

I coltivatori, come definiti dall’art. 1, versano i minimi contributi assistenziali e previdenziali previsti per i coltivatori diretti. Hanno, inoltre, diritto a ricevere attraverso le Regioni e le altre istituzioni locali:

a. servizi gratuiti a domicilio di assistenza veterinaria e agronomica;

b. assistenza burocratica e tecnica per qualunque domanda , dichiarazione , denuncia o modulistica di altro genere a qualunque titolo richiesta dalle Amministrazioni Pubbliche o comunque dovute per legge.

Art.10 – COMPETENZA REGIONALE

Le Regioni, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono chiamate al recepimento della norma che non potrà contenere disposizioni più limitative o vincolanti rispetto a quelle qui elencate. In vacanza del recepimento regionale la presente norma è valida ed efficace a tutti gli effetti.

Art.11 – NORMA ABROGATIVA

Ogni norma in contrasto con la presente legge si intende abrogata.

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