L’olio d’oliva rappresenta le fondamenta della nostra dieta mediterranea, che insieme ai cereali, hanno sfamato e possono sfamare tuttora interi popoli. Vi e’ un legame speciale tra la pianta d’olivo e le persone che se ne prendono cura. Oggigiorno e’ possibile osservare sovente le campagne spopolate per tutto l’anno, da queste parti, mentre quando si raccolgono le olive, in novembre, c’è ancora oggi la possibilità di intravedere dei bagliori di quella che un tempo fu la civiltà contadina. Nei giorni di novembre, appunto, buona parte degli abitanti dei paesi del Molise, ma anche gente emigrata e ora residenti altrove tornano da ogni dove per recarsi insieme negli oliveti, dai giovani agli anziani ancora in forza, chi può si reca a raccogliere le olive. Una mansione che richiede tanta forza e dedizione, specie se lo si fa a mano, senza strumenti di alcun genere. Uno sforzo collettivo delle famiglie, che per un attimo rompe la quotidiana routine della vita moderna di chi generalmente non lavora in campagna, ma accetta di fare questo lavoro per poter ottenere in cambio dell’olio autoprodotto di elevata qualità nutrizionale, senza dimenticare la straordinaria tradizione emotiva di ripetere gli stessi gesti tramandati dai propri genitori ed essere consapevoli che tutto ciò va avanti da millenni, di generazione in generazione.
Aumentare tale consapevolezza dai piccoli gesti, in senso olistico, e’ fondamentale per capire noi stessi e la nostra lunga storia che ci lega indissolubilmente alla terra.
Sebbene le piante d’olivo non possano essere messe all’interno di un food forest tradizionale, in quanto tale pianta richiede una certa apertura di spazio intorno ad altre piante distanti tra loro anche decine di metri, questo per quanto riguarda la procedura tradizionale che i contadini del posto hanno lasciato in eredità a noi abitanti odierni. Dunque tanta apertura, ottenibile soprattutto grazie alla potatura, e infatti qui c’è anche un proverbio locale in cui la pianta di olivo dice al contadino “fammi povero e ti faccio ricco”, in quanto di fatto con una marcata potatura della pianta, poi produce molte più drupe in autunno, solitamente fa questo, ma le annate possono essere molto variabili per una infinità di fattori, comprensibili e incomprensibili.
Le piante d’olivo possono essere potate in diversi momenti dell’anno, ma al risveglio della primavera, risulta essere il momento più propizio, proprio quando si e’ usciti dal gelido invernale, che potrebbe gelare anche le piante d’olivo, qualora potate troppo prematuramente, ma allo stesso tempo la primavera e’ il momento del risveglio delle piante che ricominciano a ridistribuire nuovamente la linfa vitale in ogni parte del tronco interno, formando nuovi rami, nuove foglie, fiori e frutti, dunque con la potatura é possibile dirigere tale linfa vitale nelle parti della pianta che ci aggradano maggiormente, privilegiando i rami che produrranno frutti da quelli che non ne produrranno affatto, tutto grazie alla millenaria esperienza che si tramanda di padre in figlio, anche se oggi il potatore d’olivo tende a diventare un mestiere esclusivo di una precisa professione.
Altro fattore determinate dell’olivicoltura è la concimazione, infatti la pianta se opportunamente concimata può produrre tanto di più, la resa è indeterminabile, ma in media può essere anche quattro volte superiore rispetto alla gestione senza concimazione alcuna, quella che effettuiamo qui consiste in un buon letame di pecora e capra, opportunamente compostato e lasciato maturare, messo sotto le piante ogni anno, dai giorni seguenti la raccolta in novembre, la quantità è una cariola ad albero. Essendo il letame una concimazione a lenta cessione, va a coprire l’intero fabbisogno annuale della pianta, inoltre se opportunamente spalmato a corona intorno alla pianta, a 50 centimetri dal tronco prima delle gelature invernali, alla primavera successiva il terreno tutt’intorno e talmente friabile da evitare assolutamente di calpestarlo, quando si fanno le potature in aprile, infatti al calpestio le scarpe sprofondano nel terreno. L’altro tipo di concimazione sempre organica è il compost, ottenuto da scarti organici che alla Roverella riusciamo ad ottenere tramite la lavorazione dell’orzo.
La gestione senza concimazione è possibile, la resa è inferiore e in ogni caso bisogna comunque procedere con la potatura, altrimenti non produce assolutamente nulla.
E’ una pianta estremamente domestica se la si vuole far produrre, altrimenti resta in vita ma assume un portamento arbustivo, infatti in soli 5 anni da un ipotetico abbandono, la pianta d’olivo comincia a non produrre più e intanto è tornata al suo portamento originario ovvero un groviglio inestricabile, fatto di centinaia di getti che la pianta tira fuori da ogni dove, una moltitudine di polloni sopra le radici, intorno al tronco basso, ma anche numerosi getti su tutto il restante, fino ai rami interni, a quel punto diventa difficile entrare anche per gli uccelli!
Per queste ragioni, si evita di inserirle insieme ad altre piante ravvicinate, come succede nei food forest, dicevamo in precedenza, nei prossimi anni qui alla Roverella faremo tentativi sperimentali di associazioni, in ogni caso potrebbero venire fuori piacevoli sorprese, però intanto sappiamo che una tradizione millenaria dell’olivicoltura molisana non può essere assolutamente accantonata, anzi è patrimonio culturale di valore inestimabile che alla fine di tutte le procedure annuali, dona un olio tra i più complessi al mondo unito naturalmente ad un sapore e gusto davvero straordinario, l’olio d’oliva è un alimento prezioso, grazie alla madre terra che lo dona e l’intuizione umana di intercettare tale pianta dal selvatico e con caparbietà renderla ragionevolmente produttiva.
Le procedure che permettono di rendere più ecologica e più agile la gestione dell’olivicoltura, riguardano piccoli accorgimenti strategici che qualora opportunamente integrati, possono dare notevoli vantaggi.
Prima di ogni cosa bisogna considerare la gestione del suolo che ospita le piante d’olivo, che qui viene gestito con inerbimento spontaneo perenne, allettato una volta all’anno, in primavera, prima della definitiva maturazione dei semi delle numerose essenze spontanee che compaiono sul terreno di anno in anno, in modo tale da rinnovare la biocenosi. Vediamo tante piante nuove ad ogni primavera, sul manto erboso sotto alle piante d’olivo, mentre tante altre invece si riconfermano ogni anno, tuttavia non sono mai in grado di prendere il sopravvento sulle altre, nemmeno le temibili graminacee. Questo ci permette di raccogliere diversi chili di verdure selvatiche fresche che nascono su questo prato perenne. Tra le composite, brassicacee, liliacee e via di seguito. Intanto con questa semplice operazione aumentano le opportunità di prosperità per migliaia di organismi che si nutrono dei fiori delle essenze spontanee, ma anche della loro decomposizione, fattori determinanti per l’aumento della biodiversità. Insieme naturalmente alla piantumazione di piante utili e resistenti come le aromatiche ad esempio, che possono essere sistemate ai bordi dei campi a formare delle siepi, aumentando ulteriormente le occasioni di sviluppo di numerose altre forme di vita. Questo aumento generale della salute del organismo agricolo, porta inevitabilmente ad una maggiore capacità di resilienza e capacità di prevenzione, qualora vi fosse un attacco di determinati parassiti, oppure un’annata con carenze idriche e via di seguito. Dunque prevenire è meglio che curare.
Bisogna ricordare come gestivano i contadini del posto le piante d’olivo, ovvero attraverso la zappatura, per timore del fuoco essi tenevano “pulito” l’oliveto, come mi raccontano ancora oggi. Una volta veniva zappato tutto a mano, come del resto in ogni altro contesto, dalla vigna al frutteto, dal campo seminativo all’orto. La tradizione era questa. oggi però possiamo avere maggiori possibilità di scelta e le pratiche inopportune e dannose possono essere rimosse, senza offendere la tradizione contadina del posto. Talvolta però le piante d’olivo potevano essere gestite anche senza zappatura, in quanto mettevano le pecore al pascolo sotto agli olivi, riuscendo così a tenere l’erba bassa e potando comunque le piante, qualcuno riusciva ad evitare di zappare, ma erano casi isolati.
Oggi giorno invece con l’arrivo delle macchine, si tende ad intervenire con il dannoso utilizzo della fresa, che come sappiamo crea il pericoloso crostone di terreno pressato a dieci centimetri di profondità, generando asfissia radicale e danni incalcolabili alla salute di tutto il campo. oppure usano la vangatrice, meno dannosa ma comunque evitabile e infatti sempre più persone ormai hanno capito l’importanza di una gestione meno invasiva da parte dell’uomo. Tuttavia non è semplice liberarsi di condizionamenti mentali oramai millenari, la forza dell’abitudine a volte è un bene, quando la pratica è saggia e utile, altre volte è un male, quando si è stati inculcati a ragionare in un modo inutile e dannoso, come l’esempio della zappatura.
In fondo è sufficiente allettare le essenze spontanee prima di maggio, tramite rullatura, trinciatura o falciatura, in modo tale da avere una scarsa probabilità che il fondo possa essere vittima di incendi dannosi, infatti il fuoco, se rimane alimentato, passa con piccole fiamme basse che non riescono a minacciare con incendi più grandi, le piante d’olivo.
Dunque il suolo al giorno d’oggi può essere gestito con copertura permanente e le ripercussioni sono notevoli:
-Rafforzamento della biodiversità dei campi e di tutta la bioregione che li contiene.
-Creazione di nuove e incalcolabili occasioni di prosperità vitale.
-Produzione di cibo ad alto valore nutrizionale.
-Riduzione notevole delle lavorazioni e ingressi nei terreni.
-Risparmio economico.
-Estinzione delle cause di erosione e dilavamento del suolo.
-Estinzione delle brutali pratiche di rilascio di residui tossici derivati da diserbo e concimazione sintetica.
-Riduzione delle emissioni di CO2 e stoccaggio di carbonio nel sottosuolo.
-Ricostruzione e mantenimento dell’humus.
-Ricostruzione e conservazione delle riserve idriche sotterranee.
-Reintroduzione dei semi antichi e piante maggiormente adatte a tali gestioni.
-Maggiore libertà di osservazione per l’agricoltore e miglior qualità della vita.
In secondo luogo la potatura delle piante effettuata due volte all’anno, contribuisce notevolmente al fabbisogno annuale di legna per il forno, riscaldamento e cucina. Le parti più sottili dei rami vengono fatti a fascine e tre di esse sono sufficienti per mandare un forno a temperatura, al fine di cuocere diversi tipi di alimenti, dalle pizze, al pane, ma anche biscotti, focacce, torte e infine rimane ancora calore per cuocere pentole di legumi e cereali integrali, con il calore lento infatti, al giorno dopo risultano essere cotti a meraviglia.
Mentre i rami che superano i tre centimetri di diametro diventano il combustibile più prezioso che si possa avere per far funzionare le varie rocket, ovvero sistemi ad alta efficienza energetica. L’enorme potere calorifero dei rami d’olivo in combustione è come oro se lo si utilizza nei sistemi rocket per cucinare sul fuoco, per riscaldare gli ambienti e per produrre acqua calda. Questi sistemi saranno descritti con maggiore precisione nei prossimi racconti, intanto è bene sintetizzare brevemente la loro funzione. Si tratta di strumenti autocostruiti, capaci di raggiungere livelli di efficienza elevati, attraverso una combustione a maggior uso di comburente, ovvero l’ossigeno, a scapito del combustibile, ovvero la legna. In termini di paragone, possiamo affermare che un sistema rocket è capace di far bollire l’acqua in metà del tempo e con 1/3 della legna, rispetto ad un fuoco normale. Potete ben immaginare la differenza notevole tra i sistemi, e infatti tramite queste tecnologie senza tempo, che sfruttano un principio fisico ben dimostrabile, si può evitare di disboscare per ottenere l’energia prima indispensabile per cucinare e riscaldare. Ora infatti è necessaria la semplice potatura e manutenzione degli alberi fruttiferi e boschivi per ottenere tutta la legna necessaria.
Ciao Valerio oggi abbiamo finito nell’uliveto. Ci troviamo con un bel pò di legna e un bel mucchio di cippato proveniente dai rametti più sottili e dal fogliame.
Non sappiamo ancora cosa farci si pensava di usarlo come pacciamatura o come materiale da compostare. Tu cosa ne faresti?
Ciao A presto daniele
Ciao Daniele, il recupero dei rami degli alberi può essere a scopo multifunzionale. Proprio i rami dell’olivo prova a darli da mangiare in piccole quantità agli animali domestici, asini e capre se ne desiderano non esiteranno. Le foglie dell’olivo sono ancora sottovalutate come rimedio medicinale, invece ci confermano da varie ricerche che hanno elementi e proprietà interessanti, basta farsi un giro sul web per maggiori dettagli. Il recupero che ne faccio io non avendo animali, riguarda o la combustione per rockets varie, separati per spessore, quelli sottili con foglie diventano fascine per il forno, mentre quelli da 3 cm di spessore diventano alimento per rocket stove! Le fascine possono essere collocate nelle bordure dei campi per creare riserve idriche e aumentare la disponibilità di carbonio. A lungo termine, in ordine di 2 anni, dai cumuli di rami viene fuori un ottimo composto da usare come ammendante nell’orto. Innumerevoli sono le applicazioni, possiamo fare un incontro specifico su questo da voi se vi piace l’idea. Tanti saluti, Valerio.
Ciao Valerio,
anche noi abbiamo appena finito di potare un uliveto.
Si tratta di un uliveto parzialmente secolare, abbandonato da per lo più da circa cinque anni, quindi come puoi immaginare la produzione di legna è stata massiccia. I diametri più grossi sono stati rimossi e verranno per lo più impiegati come legna da ardere, il che in parte è anche un peccato perchè si tratta di legna non comune e di qualità, trattandosi appunto di piante molto vecchie e spesso di ceppi di grandi dimensioni, che potrebbero trovare un utilizzo nobile ad esempio nella parquettistica. Purtroppo qui in Molise almeno noi non sappiamo a chi fornire il materiale grezzo per ottenere il semi lavorato di cui necessitano le aziende di parquet per poi fare il loro prodotto finito. Altrimenti sarebbe anche una fonte di reddito maggiore, invece così è una risorsa che va parzialmente sprecata. Anche perché non si ripeterà, dal momento negli anni successivi non ci sarà bisogno di interventi così pesanti, per cui legna d’ulivo di quelle dimensioni è rara e preziosa ed è, come ho detto, un peccato doverla bruciare. Se hai suggerimenti in questo senso sarebbero molto graditi. E’anche interessante questa cosa di mettere le fascine hai bordi del frattone, mi piacerebbe imparare il modo migliore per disporle, se ce n’è uno; e poi, vanno bene tutti i diametri inferiori ai 3 cm?
Per il resto passeremo il trincio, e per la concimazione per il momento impiegheremo del concime biologico pellettato, anche se quello del letame ovino è un obbiettivo da porsi, e la sua lavorazione un’altra cosa da imparare.
Buon lavoro e a risentirci
Molto bene Giovanni, che bello riprendere gli oliveti secolari!
Dunque con il legno che avanza dalle potature straordinarie, penso sia il caso di farlo stagionare, si taglia con la sega a nastro da un falegname ad uno spessore di almeno 7 cm poi si lascia stagionare per almeno 1 anno. ti allego via mail alcuni pdf di artigiani italiani che lavorano il legno d’olivo per oggetti vari. Grazie per aver condiviso la vostra esperienza! Valerio.
ciao valerio,potresti mandare anche a me i pdf di artigiani che lavorano il legno d’ulivo! grazie,a parte questo vorrei un consiglio in merito al mio uliveto,anch’esso centenario,si trova in sicilia e negli anni passati alcuni alberi si sono bruciati, quindi è un po spoglio. insieme a mio marito abbiamo piantato altre giovani piante, ma sono ancora piccole il terreno è un po forte e spacca in estate, io vorrei realizzare anche un giardino rustico con erbe e fiori che possano convivere con gli ulivi, tu cosa mi consigli?
Gentile Angela,
troverai risposta via mail! Grazie per interesse!
Ciao a tutti, ho letto i vostri commenti e consigli e mi sono stati molto utili per iniziare a farmi un idea…Ho un campo di famiglia in Puglia con una 30 di ulivi che sto prendendo ora in gestione x evitarne l abbandono. Il problema è che abito a Torino e di lavoro faccio tutto altro quindi non ho esperienza e devo organizzarmi a livello logistico perché gli ulivi questo anno vanno potati. Pensavo di farli potare a settembre, che dite è giusto come periodo secondo voi? Qui mi hanno consigliatolto cosi…inoltre se avete qualsiasi consiglio da darmi(o manuale,libro,sito web etc..)che vi viene in mente per la cura del campo ve ne sarò molto grata, intanto sto leggendo molto sul web x documentarmi al meglio. Grazie in anticipo!
Ciao Martina,
Felice di essere utile! Dunque in Puglia tanti potatori cominciano a potare da gennaio…in che zone della Puglia si trovano i tuoi olivi?
Se puoi allegare foto anche tramite la mail sarebbe meglio per avere un quadro più preciso e fornire di conseguenza consigli mirati…
Buon proseguimento!
Valerio